Sant’Agata de’ Goti: il borgo medioevale tra tradizioni, attrazioni e sapori

Sant’Agata de’ Goti: il borgo medioevale tra tradizioni, attrazioni e sapori

Sant’Agata de’ Goti: il borgo medioevale tra tradizioni, attrazioni e sapori – Oggi vi portiamo alla scoperta di uno dei borghi più caratteristici della provincia di Benevento. Famoso per la produzione del vino, il comune di Sant’Agata de’ Goti è situato alle falde occidentali del Monte Taburno. Il territorio affaccia su di una rupe tufacea circondata dai torrenti Martorano e Riello da cui domina quella che fu una delle principali vie d’accesso alla regione sannitica. La valle del fiume Isclero.

La bellezza mozzafiato del centro storico e del paesaggio del borgo, ha permesso allo stesso di ottenere il soprannome di “perla del Sannio“. E’, inoltre, bandiera arancione del Touring Club Italiano (associazione senza scopo di lucro con finalità di promozione turistica sull’intero territorio italiano).

Il centro storico, da novembre 2012, fa parte del circuito de “I borghi più belli d’Italia”. Mentre il comune, dal 2005 è entrata a far parte dell’Associazione Nazionale Città del Vino. Negli ultimi anni il mondo istituzionale e le associazioni stanno lavorando molto anche per instaurare un processo di wedding tourism. Infatti, sono tante le coppie che decidono di celebrare il grande giorno nel comune sannita.

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Sant’Agata de’ Goti: l’origine del nome

Il toponimo Sant’Agata de’ Goti si forma in differenti periodi storici. Nel corso dell’VIII secolo, la città longobarda fu intitolata alla santa catanese. Per volontà di Radoaldo e Grimoaldo, fratelli educati alla corte di Arechi I di Benevento, che abitarono nella gastaldia di Sant’Agata, i quali contribuirono alla fondazione della chiesa di Sant’Agata de Amarenis, detta anche “Sant’Agatella”, oggi, purtroppo, distrutta.

La seconda parte del toponimo si aggiunge in epoca normanna. Con l’avvento dei feudatari della famiglia Drengot, dopo il 1117: Rainulfo Drengot, conte di Sant’Agata, appartenente alla cerchia dei “Potentes”, diede il suo nome alla fortezza. Ma col tempo il cognome “Drengot”, sia in Francia che in Italia iniziò ad essere pronunciato diversamente. Mutando così in “De-Goth”.

Le principali attrazioni

Il centro storico

Il centro storico, tutto rivestito in tufo, è un incrocio di vicoli e viuzze, casette, vecchi negozi, antichi edifici e chiese. Per adattarsi alle condizioni del territorio, è sviluppato seguendo una particolare forma a semicerchio, dove è possibile ammirare tutti i vari monumenti locali.  Inoltre, il centro storico è sede dei maggiori eventi locali e sua location eletta.

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Oltre ad essere, spesso, scelta da alcuni registi italiani come set cinematografico, come nel caso di alcune scene de “L’Imbroglio nel Lenzuolo”, con Maria Grazia Cucinotta, girate, appunto, in questo meraviglioso borgo. In ordine temporale, ricordiamo anche la regia di Alessandro Siani con “Si accettano miracoli”.

Il Ponte sul Martorano

È il secondo ponte che si trova sul percorso dell’acquedotto carolino, sul torrente Martorano, nel territorio di Durazzano. Il condotto, che proviene sottoterra dalle colline di S. Agata de’ Goti, ossia Castrone, AcquavivolaSagrestiaStella MaggioreCarosa, giunge dalle parti di Durazzano.

Il ponte sul torrente Martorano si trova nei pressi della chiesa della Madonna di Costantinopoli. E’ a cinque arcate e risale al 1760.

Il Castello Ducale

Il castello Ducale di Sant’Agata dei Goti è stato costruito dai Longobardi e poi restaurato nel corso dell’XI secolo dai Normanni. Nel corso degli anni si sono succedute varie modifiche. Con il crollo delle torri sono state costruite nuove logge, che hanno in parte modificato l’impianto originario.

Il castello, oggi, conserva traccia delle origini normanne nelle torri quadrangolari, e negli ambienti del piano terra. Mentre all’esterno è evidente il corpo aggettante aggiunto nell’Ottocento, con una serie di botteghe. Nella corte interna si ammirano ancora i bellissimi decori murali a motivi geometrici quattrocenteschi e le modifiche cinquecentesche, realizzati per trasformare la fortezza in residenza nobiliare di prestigio.

Al primo piano del Castello sono conservati degli affreschi a immagini cosiddette “grottesche“. Tra cui l’opera del pittore Tommaso Giaquinto, realizzata agli inizi del Settecento, raffigurante Diana e Atteone.

La cattedrale di Sant’Assunta

Il duomo di Sant’Agata de’ Goti, dedicato all’Assunta, riveste dal 1986 il ruolo di concattedrale a seguito dell’unione della diocesi locale con quella di Cerreto Sannita. Fondato nel 970, ricostruito nel XIII secolo, è stato più volte restaurato, soprattutto dopo il terremoto del 5 giugno 1688.

L’esterno è costituito da un ampio pronao a tre campate rette da dodici colonne con capitelli di riporto. Il portale maggiore è in stile romanico e ai due lati presenta due coppie di colonne con capitelli in stile corinzio. A sinistra della facciata è possibile osservare il campanile, a tre ordini con cupolino avente embrici maiolicati gialli e verdi. L’interno, invece, è a croce latina con tre navate, transetto, cupola e presbiterio.

Nelle cappelle laterali sono site pregevoli opere d’arte incorniciate da stucchi barocchi ed aventi altari in marmi policromi. Il soffitto della navata centrale è in tavole lignee dipinte e dorate, opera del XIX secolo. Mentre l’altare maggiore è in marmi policromi intarsiati. Al di sotto del transetto c’è la cripta romanica, dove le volte poggiano su colonne di riporto, mentre alle pareti sono visibili diverse tracce di affreschi.

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La Chiesa di San Menna

Costituita da una struttura a pianta basilicale risalente al X secolo, riedificato e ampliato alla fine dell’XI secolo, fu consacrata da Papa Pasquale II nel 1110, a devozione del Santo eremita del VI secolo vissuto sul Taburno. Le cui spoglie mortali furono trasportate qui.

Promotore della chiesa fu il normanno Roberto Drengot che nel 1097 successe al padre come conte di Sant’Agata e nel 1102 diventò conte di Caiazzo. In entrambi i feudi decise di ristrutturare chiese già esistenti. A Sant’Agata, acquisì questa chiesa fondata in epoca bizantino-longobarda e intitolata a San Pietro, alla Santa Croce e al Salvatore, posta di fronte al castello. Mentre a Caiazzo dispose di una basilica intitolata alla Madre di Dio. Per nobilitare quest’ultima, Roberto concepì l’idea di collocare al suo interno le reliquie di un santo eremita molto noto a quel tempo: Menna.

La Chiesa, oggi, conserva notevoli resti di pavimento musivo cosmatesco a figure geometriche del primo decennio del XII secolo. Uno dei più antichi databili con certezza dell’Italia meridionale. Al suo interno risaltano, inoltre, frammenti di affreschi del XIV e XV secolo e, sotto l’altare principale, una lastra di sarcofago del VII – VIII secolo.

Chiesa e convento di San Francesco

Nella prima metà del Quattrocento una piccola comunità francescana era stanziata nella chiesetta di San Francesco Vetere fuori le mura. Fondata dallo stesso Santo durante il suo viaggio verso Avellino. Due secoli dopo i Francescani di Sant’Agata abbandonarono la piccola struttura isolata sulla collina continuamente preda dei ladri e si insediarono in un convento e una chiesa all’interno del borgo.

Nel Settecento fu parzialmente ristrutturato anche il convento, con l’aggiunta dello splendido portale marmoreo all’ingresso. Nell’Ottocento, con il riutilizzo della struttura come Casa Comunale, al primo piano fu realizzata la Sala Consiliare, affrescata con paesaggi santagatesi e con un dipinto del 1899 raffigurante Sant’Agata, del pittore Vincenzo Severino, in cui sarebbero presenti significati massonici. L’ex convento ha mantenuto la divisione interna in celle monastiche e il chiostro, in cui è conservata la stele commemorativa della primitiva casa monastica.

Inoltre, la chiesa, al suo interno, contiene elementi di diverse datazioni come la tomba di Luigi/Ludovico d’Artus, feudatario di Sant’Agata fino al 1370, il soffitto ligneo a cassettoni settecentesco e una preziosa pavimentazione dipinta nella bottega napoletana del Maestro Giuseppe Massa, originario di Pietrastornina (Av), raffigurante scene della vita di San Francesco. Oltre a una successione di cappelle votive segnate dagli stemmi delle famiglie patrizie locali.

Sant’Agata de’ Goti: la terra del vino

Se decidete di trascorrere qualche giorno in questo splendido borgo, non potete non assaggiare uno dei prodotti tipici beneventani, caratteristici di questo paesino, ovvero il Sant’Agata de’ Goti DOC.

Un vino che nasce da una secolare tradizione, da una ambiente particolarmente vocato alla coltivazione della vigna, da assolate colline situate in un’ottima posizione e dall’adozione di antichissime tecniche di trasformazione. Così nasce la prima Falanghina, che da anni si distingue per il suo gusto delicato, per il suo profumo inconfondibile e per la spiccata tipicità. Di grande eleganza sono, poi, il Greco, tra i bianchi, l’Aglianico e il Piedirosso, tra i rossi.

Foto: www.prodottitipicicampania.it

La tipicità del prodotto è ulteriormente garantita da una delimitazione rigorosa dell’area di produzione, che include solo pochi ettari di vigna, localizzati sulle colline del Comune di Sant’agata dei Goti, l’antica Saticula. Nel cuore del borgo si ritrovano antiche cantine sotterranee scavate nella roccia tufacea e dotate di moderne attrezzature enologiche, che garantiscono, con la temperatura costante, il silenzio e l’oscurità, l’estrazione dei mosti migliori e una perfetta cura e maturazione dei vini. Che conservano intatti gli intensi profumi varietali.

La falanghina del Sannio Sant’Agata dei Goti Doc

Una delle cantine più antiche e famose a livello locale e nazionale è “Mustilli”. Leonardo Mustilli nel 1976 intuì le potenzialità dell’uva falanghina e iniziò a vinificarla in purezza. Da allora Mustilli ne cura una splendente perla nella sottozona di Sant’Agata dei Goti. La Falanghina del Sannio Sant’Agata dei Goti DOC “I Classici”, ottenuta da fermentazione in tini d’acciaio a temperatura controllata. Seguita da affinamento in acciaio con periodici batonnage, si distingue per il suo gusto fresco e scorrevole.

Questa tipologia di vino si distingue per il suo colore giallo paglierino. Con vivaci riflessi dorati, per il suo profumo intenso, in quanto dominano odori di frutta rossa e tropicale, al quale seguono poi delicate note floreali e speziate. Al palato è secco, fresco, di medio corpo e buona persistenza. La Falanghina del Sannio Sant’Agata dei Goti DOC “I Classici”, può essere abbinata a frutti di mare, crostacei e carpacci di pesce fresco. E’ ideale anche in accompagnamento a verdure e carni bianche.

 

di Elisa De Vito

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