Comunità Montana Terminio Cervialto: alla scoperta di borghi e attrazioni

Comunità Montana Terminio Cervialto: alla scoperta di borghi e attrazioni

Comunità Montana Terminio Cervialto: alla scoperta di borghi e attrazioni – Continua il nostro appuntamento con le Local Stories. Oggi vi portiamo alla scoperta della Comunità Montana Terminio Cervialto, situata in provincia di Avellino.

Comunità Montana Terminio Cervialto. I comuni

La Comunità comprende 18 comuni ed ha sede nel comune di Montella. Il nome deriva dai due monti più alti: il Terminio e il Cervialto.

Con la perimetrazione regionale del 2008 la Comunità montana è passata da 21 a 18 comuni, perdendo Taurasi, Fontanarosa, Lapio, Sant’Angelo all’Esca, Luogosano. Attualmente, è composta da: Bagnoli Irpino, Caposele, Calabritto, Cassano Irpino, Castelvetere sul Calore, Castelfranci, Chiusano San Domenico, Montella, Montemarano, Nusco, Salza Irpina, San Mango sul Calore, Senerchia, Sorbo Serpico, Santo Stefano del Sole, Santa Lucia di Serino, Serino e Volturara Irpina.

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Comunità Montana Terminio Cervialto. Cosa visitare

Situata nel Parco Regionale dei Monti Picentini, la comunità è caratterizzata da un paesaggio montuoso immerso nella natura compreso tra le due montagne più alte della zona. Il territorio è un alternarsi di vallate e di montagne ed è attraversato da tre fiumi: il Sele, il Calore e il Fredane.

I boschi sono composti prevalentemente da alberi di querce, castagni e faggi e la zona è ricca di sorgenti d’acqua e di grotte perlopiù di origine carsica. Nel sottobosco è possibile trovare tartufi, funghi, fragoline, lamponi e piante aromatiche di ogni tipo.

Comunità Montana Terminio Cervialto. Il Monte Terminio

Facente parte dell’Appennino campano, il monte si estende nei comuni di Volturara Irpina e Serino e rappresenta la vetta più alta della catena montuosa dopo il monte Cervialto. Raggiunge infatti l’altitudine di 1.806 m s.l.m. Partendo dal comune di Montella, è possibile vedere il Passo Cruci e le località Fosse Giunte e Tasso, raggiungendo così la Piana del Pizzillo e la Piana di Verteglia, dove si trovano un caseificio e un’antica chiesa trasformata nel Rifugio Principe di Piemonte.

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Dal Rifugio Principe di Piemonte si possono raggiungere la Piana delle Acque Nere, alimentata dall’omonimo corso d’acqua e la Grotta dei Candraloni, un inghiottitoio dove precipitano le acque dell’omonimo ruscello.

La cosiddetta “Bocca del Dragone”, un esempio di fenomeno carsico a 670 m di altitudine, costituisce uno degli inghiottitoi che convogliano, attraverso le falde del sottosuolo, le acque meteoriche verso le sorgenti di Serino. Il panorama che si gode dalla vetta, fino al golfo di Salerno e al Vesuvio e la ricca vegetazione nelle piane, ne fanno una meta turistica per gli sport invernali che si svolgono su di esso.

Le Grotte del Caliendo

Sono tra le più importanti e conosciute cavità della Campania, la cui prima visita risale al 1932.  La cavità si trova in territorio di Bagnoli Irpino, nel sottosuolo dell’altopiano del Laceno ed è l’emissario idrogeologico stagionale del Lago Laceno. È una cavità ipogea a sviluppo sub-orizzontale e la sua temperatura interna è di circa 8°.

Foto: www.avellinotoday.it

Oggi, pur essendo ancora parzialmente attiva, la Grotta vive una fase di graduale transizione verso una condizione fossile. Attualmente, infatti, è percorribile solo nei periodi estivi e sono in corso studi geo-speleologici e nuove esplorazioni soprattutto ad opera del Circolo Speleologico di Bagnoli.

Le Grotte del Caliendo sono costituite dall’alternarsi di ampi corridoi, da ampie sale e stretti sifoni, da gole, salti, laghetti e meandri. La parte bassa della Grotta, più facilmente percorribile, suggestiva ma meno ricca, accoglie l’alveo del torrente sotterraneo nei periodi invernali che dopo un percorso di circa 3 Km, risorge a valle, dalla maestosa ed imponente “Bocca di Caliendo”. Posta sul versante opposto del monte che accoglie la Grotta, su una altissima parete rocciosa, da cui si diparte poi una profonda e spettacolare forra con salti e cascate.

Valle della Caccia

Il Parco Regionale dei Monti Picentini ospita l’Oasi WWF Valle della Caccia di Senerchia. Una riserva naturale che si estende per ben 450 ettari. I sentieri si diramano tra i torrenti d’acqua e le betulle. Inoltre, è possibile ammirare molte piante, tra cui il Pino nero.

Immancabile poi una visita alla cascata dell’Acquabianca, che si estende per ben trenta metri. Percorrendo i vari sentieri che si snodano lungo il torrente Acquabianca, si entra nel regno del merlo acquaiuolo, della trota fario, dell’usignolo di fiume, dell’Erica terminalis, dei lilium, delle orchidee vivacemente colorate e del raro Pino nero.

Inoltre, è possibile visitare varie grotte, tra cui quella “del muschio”, dalla quale si gode di uno spettacolo naturale unico e straordinario che culmina nel fragore dell’acqua cristallina della cascata che scende giù, tra alberi, in una spaccatura del monte, dalle pendici di una roccia sfagliata e levigata dalla forza pulsante dell’acqua.

Il Castello longobardo di Quaglietta

Nel comune di Calabritto, per gli amanti dei borghi medievali e storici, è possibile visitare il Borgo di Quaglietta. Famoso per il suo omonimo Castello longobardo. Della storia del castello non ci sono molte notizie, ma sembra che fu costruito dai Longobardi. Il punto dove sorge la struttura è molto strategico, in quanto dalla torre si riesce a osservare tutta la valle del Sele fino ad arrivare a Lioni. In antichità era usato come vedetta contro gli attacchi dei Saraceni che sbarcavano sulle rive di Paestum Salerno e risalivano il fiume Sele che un tempo era navigabile.

Il borgo è dominato dalla torre, “il mastio”. Le prime tracce di Quaglietta si hanno nel 1140 con “Robertus de Quallecta”, ma nel corso degli anni, si sono succedute molte famiglie importanti, come i Filangieri, Arcucci, Gesualdo, Senerchia, De Rossi, De Vicariis, Del Plato e i Viscido.

Lago di Conza

Tra le immancabili cose da vedere in Irpinia c’è Sant’Andrea di Conza, un borgo che vive ancora oggi di artigianato. Un comune molto ospitale ricco di case bianche che abbracciano tutta la vallata. In quest’area la vegetazione è molto ricca di salici, pioppi, ontani ed è qui che sorge l’Oasi WWF del Lago di Conza, famosa soprattutto per la sua avifauna. Ci sono ben 140 specie segnalate ed è quindi la zona più importante e più variegata dell’intera Regione. È bene armarsi di binocolo per ammirare lo spettacolo che si staglia nel cielo.

 

Il caciocavallo irpino di grotta: un’eccellenza del Terminio e del Cervialto

Uno dei prodotti tipici dei precedenti comuni e diffuso anche nelle aree montane della Valle dell’Ufita, Valle dell’Ofanto e, in generale, nelle zone dell’Alta Irpinia, è il caciocavallo irpino di grotta.

È un formaggio a pasta filata, prodotto con latte proveniente da allevamenti di piccole e medie dimensioni. Da bovine in prevalenza di razza bruna, stagionato tradizionalmente in grotta. Durante il periodo primaverile/estivo i bovini vengono tenuti al pascolo ed è proprio in questo periodo che si ha la maggiore produzione. In quanto il prodotto è pregiato grazie alle diverse essenze di erba dei pascoli delle quali si nutrono. Quando i pascoli terminano, l’alimentazione è basata soprattutto su foraggi e sfarinati di provenienza aziendale.

La forma è sferoidale, la pezzatura più comune è di circa 2 Kg, ma può raggiungere anche i 10 Kg. La stagionatura va dai 45/60 giorni ad oltre sei mesi. La pasta è di colore giallo paglierino, tendente ad accentuarsi con la stagionatura, con rare occhiature, al tatto semidura ed omogenea. Se poco stagionato ha un delicato profumo di latte. Man mano, con l’avanzare della stagionatura spicca l’odore di erba-fieno.

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Foto: www.agricoltura.regione.campania.it/

La stagionatura nelle grotte di tufo

Dopo una prima asciugatura, che può avvenire in locali freschi tradizionali, non prima di 45/60 gg, viene stagionato nelle tipiche “grotte di tufo”. Qui si sviluppa un microclima ed una microflora favorevoli alla maturazione del caciocavallo a lunga stagionatura anche fino a due anni. Nelle “grotte naturali di tufo” o “grotte naturali di tufo e pietra” i caciocavalli, legati in coppia, vengono appesi a “cavallo” su travi di legno. L’umidità oscilla tra l’80 e il 90%. Mentre la temperatura quasi costante tra il periodo invernale e quello estivo, oscilla tra i 10 ed i 15 °C.

Il prodotto è ampiamente conosciuto nell’area interessata ed è trasformato da almeno 25 anni, come accertato attraverso testimonianze raccolte in zona. Meritevole di citazione appare la partecipazione nel 1925 alla fiera di Fiume del Caseificio Granese in Montella con il caciocavallo irpino e di una sagra del Caciocavallo irpino che si svolge nel comune di Vallata, dagli anni Settanta.

 

di Elisa De Vito

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