Elea-Velia: la perla del Cilento tra storia, relax e sapori antichi

Elea-Velia: la perla del Cilento tra storia, relax e sapori antichi

Elea-Velia: la perla del Cilento tra storia, relax e sapori antichi – Antica polis della Magna Grecia. Elea, denominata in epoca romana Velia, è una delle mete campane da preferire per trascorre questi ultimi giorni d’estate. L’area archeologica è localizzata in contrada Piana di Velia, nel comune di Ascea, in provincia di Salerno. All’interno del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano e Alburni.

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Elea-Velia: la storia

Fondata nella seconda metà del VI secolo a.C., da esuli Focei in fuga dalla Ionia. La sua fondazione è avvenuta a seguito della Battaglia di Alalia, tra il 541 ed il 535 a.C. La città fu edificata sulla sommità e sui fianchi di un promontorio, situato tra Punta Licosa e Palinuro. Fu inizialmente chiamata Hyele, dal nome della sorgente posta alle spalle del promontorio.

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Nell’88 a.C. Elea fu ascritta alla tribù Romilia, divenendo municipio romano con il nome di Velia. Ben presto la città fu destinata ad un progressivo isolamento ed impoverimento, finché alla fine del Medioevo, nel 1420, diventò feudo dei Sanseverino. Donato, successivamente, alla Real Casa dell’Annunziata di Napoli. Dal 1669 non è più censito alcun abitante sul posto, e le tracce della città si perdono.

Solo nell’Ottocento l’archeologo François Lenormant comprese che l’importanza storica e culturale del luogo si prestava a interessanti studi e approfondimenti, tutt’ora in corso Va anche rilevato che, purtroppo, a causa degli scavi iniziati nel secolo scorso, l’abitato superstite dall’epoca medievale fino al Seicento fu quasi completamente distrutto.

Elea-Velia: il Parco archeologico

Gli scavi, vicini alla ferrovia e non lontani da Ascea Marina, sono visitabili tutti i giorni, eccetto il martedì. Dell’antica città restano l’Area Portuale, Porta Marina, Porta Rosa, le Terme Ellenistiche e le Terme romane, l’Agorà, l’Acropoli, il Quartiere Meridionale e il Quartiere Arcaico. Gli Scavi, cui si accede dalla Marina di Ascea, iniziarono nel 1921 ad opera di Amedeo Maiuri, riportando alla luce gran parte dell’antica città. Facendone ricostruire completamente la pianta. La struttura urbanistica dell’antica Velia risulta articolata in tre nuclei. Il quartiere meridionale, il quartiere settentrionale e l’acropoli.

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La visita all’antica città di Velia inizia dal quartiere meridionale. Qui troviamo la Diga Foranea che doveva costituire un molo costruito a 50 metri dalla linea della spiaggia. A questo punto iniziano le mura più arcaiche del VI secolo a.C. Fino a giungere a Porta Marina Sud che costituiva con la cinta muraria adiacente la delimitazione della città verso il mare. Superando la porta si entra nella città dove troviamo due insulae e abitazioni di età ellenistica. Imboccando la strada che conduce verso Porta Rosa, sulla sinistra troviamo le Terme Imperiali e l’Agorà. Zona monumentale costituita da una piazza rettangolare delimitata per tre lati da muri porticati e con il fronte colonnato. Via via che si sale, è possibile visionare la Porta Arcaica e la Porta Rosa che comprende l’unico arco greco di età classica che ci sia pervenuto in perfetto stato di conservazione.

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Il tempio ionico di Elia-Velia

Incamminandosi verso l’Acropoli si notano i resti dell’insediamento abitativo più antico della città (540-535 a.C.). Ma anche i resti del piccolo teatro risalente al IV secolo a.C. Sulla terrazza superiore si può ammirare il tempio ionico, in parte distrutto dalla grande torre del castello normanno, ossia l’Acropoli, dove anticamente si svolgeva la vita pubblica e religiosa della città. Proseguendo si giunge ad una seconda terrazza adibita, anticamente, come ulteriore area sacra.

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Prodotti tipici: la mozzarella nella mortedda

La muzzarella “co’ a mortedda” è un formaggio a pasta filata ottenuto dalla trasformazione del latte di vacca. La zona di produzione tradizionale è individuabile in pochi comuni del basso Cilento, in particolare nella città di Velia. Questa tradizione è stata tramandata da antichi pastori e piccoli produttori. Il nome deriva dalla conservazione della mozzarella con le foglie di mirto e non con il sale. È proprio la lunga tradizione, la qualità, ed il legame con il territorio che ne hanno decretato l’inserimento nell’elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT).

Foto: www.turismo.it

La mozzarella nella mortedda nasce dall’esigenza di trasportare il formaggio dalle montagne dove si andava in alpeggio nei periodi estivi. Principalmente nell’area del Monte di Novi Velia. L’usanza era, appunto, quella di fare delle mozzarelle a forma di lingua di mucca, lunghe e piatte, con la stessa pasta da cui è ottenuto il caciocavallo, e di avvolgerle nella mortella, ovvero le foglie di mirto. Con la duplice funzione di trasporto e conservazione. Ai tempi in cui non esistevano ancora frigoriferi, i pastori casari furono abili nell’utilizzare una materia prima disponibile in abbondanza tutto l’anno come copertura naturale. In grado di mantenere così il microclima ideale.

La lavorazione della “mozzarella stracciata”

La “mozzarella stracciata”, è alternata con foglie di mirto appena raccolte successivamente legate alle estremità coi rami sottili e flessibili delle ginestre. Generalmente queste confezioni dette “mazzi” contengono 6-10 mozzarelle.

Si è scelto di utilizzare il mirto, o mortella, perché oltre a essere pianta sempreverde, è facilmente reperibile come essenza spontanea nelle zone di pascolo del Cilento. Ma anche perché conferisce al prodotto un’aroma molto particolare.

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Una particolarità nella lavorazione sta nel far maturare la cagliata, dopo la rottura, in assenza, o quasi, di siero il che conferisce al prodotto una consistenza compatta e asciutta. E con una pellicola esterna particolarmente doppia. Questo formaggio è particolarissimo e si consuma dopo averlo scartato dal mirto. Conserva l’impronta delle foglie e dei rami sulla forma e, soprattutto, il suo aroma.

La mozzarella nella mortedda: gli usi in cucina

Pregiata e saporita, la Muzzarella co’ a Mortedda non può essere considerata un formaggio da utilizzare come condimento, ad esempio di pizze o calzoni. Se non in alcuni rari casi, come per insaporire i timballi o paste caserecce. Il modo migliore per consumarla è, dunque, al naturale.

Come sfizioso antipasto da accompagnare con pomodorini, olive e verdure sott’olio. Condire con olio, sale e origano e bagnare con un buon bicchiere di Cilento Bianco o Fiano. Uno dei caseifici più famosi per la produzione di questo prodotto tipico è la Tenuta Chirico. Situata in Via Mulino Vecchio, a Marina di Ascea.

 

di Elisa De Vito
Foto: archivio SposIn Campania

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