La ciliegia del Monte e l’Arecca: i frutti made in Campania

La ciliegia del Monte e l’Arecca: i frutti made in Campania

La ciliegia del Monte e l’Arecca: i frutti made in Campania –  Famosa su tutto il territorio nazionale e non solo, oggi vi portiamo alla scoperta di uno dei frutti più apprezzati in questo periodo, ovvero la ciliegia.

In particolare, in provincia di Napoli, sono coltivate due delle più gustose e famose varietà di questo frutto. La prima denominata “ciliegia del Monte” o “Durona del Monte” o “ciliegia di Montagna”. L’altra è la “la ciliegia Arecca” o “ciliegia della Recca”. Scopriamo insieme le caratteristiche.

La ciliegia del Monte e l’Arecca: i frutti made in Campania

La ciliegia del Monte: la storia e le caratteristiche

In Campania esiste una grande tradizione per la coltivazione delle ciliegie, soprattutto nella zona Vesuviana, alle pendici del Monte Somma, rinomata per la produzione della “ciliegia del Monte”.

La coltivazione del ciliegio è concentrata soprattutto alle falde del Monte Somma e risale all’epoca della dominazione angioina. Tuttavia, a causa dei frequenti incroci spontanei, si è in presenza di una moltitudine di varietà che, nella congiuntura specifica, non sono state ancora del tutto individuate.

Foto: www.parconazionaledelvesuvio.it

La ciliegia Del Monte è considerata la migliore tra le ciliegie da tavola campane. La varietà è costituita da frutti grossi, dalla colorazione, da una parte giallo-rosata e, dall’altra, rossa con punteggiatura gialla.

È una varietà più tardiva, raccolta tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. La polpa è chiara, molto succosa e soda fino ad essere croccante, in quanto poco aderente al nocciolo. Ciò che caratterizza queste ciliegie è anche il profumo e il retrogusto acidulo. Il territorio interessato alla produzione comprende i comuni del Parco nazionale del Vesuvio: Massa di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, S. Anastasia, Somma Vesuviana.

La ciliegia Arecca: la storia e le caratteristiche

Coltivata sempre in provincia di Napoli, nell’area Flegrea, la “ciliegia della Recca”, originaria della zona dei Camaldoli, che matura tra la prima e la seconda decade di giugno, è un frutto caratterizzato dalla forma leggermente schiacciata, da una buccia di colore rosso scuro brillante e da una polpa biancastra e succosa.

Le prime testimonianze storiche di tale varietà di ciliegia risalgono al 1550. Per opera di Gaspare Ricca che, sposando una nobildonna di Marano, diviene proprietario di un ampio appezzamento di terreno che si estendeva dalla collina dei Camaldoli fino all’attuale quartiere partenopeo di Pianura. La denominazione Arecca, che oggi indica la collina di Marano e la varietà di ciliegie prodotte in quest’area, deriverebbe proprio dalla deformazione del cognome del proprietario.

Secondo la tradizione locale, invece, l’albero venne importato dall’amante del re di Spagna, Caterina Manriquez, quando fu cacciata da Madrid a seguito della scoperta della sua tresca, ad opera della regina, e fu spedita a Marano col titolo di principessa. Costei, per ricordarsi della sua terra, portò con sé una dozzina di alberelli di ciliegio che piantò appunto sulla Recca, dando vita a questa varietà.

Il Parco Nazionale del Vesuvio: cosa vedere?

Dopo aver parlato di queste due gustosissime varietà di ciliegie campane, non possiamo non portarvi nel vivo delle loro aree di produzione. Iniziamo, dunque, dal Parco nazionale del Vesuvio.

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Istituito il 5 giugno 1995, è considerato un parco nazionale per il grande interesse geologico, biologico e storico che il suo territorio rappresenta. Si sviluppa attorno al complesso vulcanico Somma-Vesuvio e la sede è situata nel comune di Ottaviano, in provincia di Napoli.

Già annunciato dalla Legge quadro sulle aree protette del 1991, il parco nazionale del Vesuvio è stato istituito con il Decreto del Presidente della Repubblica del 5 giugno 1995, principalmente per due obiettivi. Conservare i valori del territorio e dell’ambiente e la loro integrazione con l’uomo e salvaguardare le specie animali e vegetali, nonché le singolarità geologiche.

All’interno del parco c’è una notevole presenza di specie floristiche e faunistiche in rapporto alla sua ridotta estensione. Infatti, sono presenti circa 612 specie appartenenti al mondo vegetale e 227 specie appartenenti a quello animale.  Il Parco include e si sviluppa attorno al Vesuvio. Rappresenta il tipico esempio di vulcano a recinto, costituito da un cono esterno tronco, il Monte Somma, attualmente spento e con una cinta craterica in buona parte demolita, all’interno del quale si trova un cono più piccolo, che rappresenta il Vesuvio, ancora attivo.

All’interno del Parco, sono organizzate numerose escursioni, lungo gli 11 sentieri ufficiali, presenti al suo interno, ognuno identificato da uno specifico percorso.

Parco Nazionale del Vesuvio: i sentieri

Il primo sentiero è “La valle dell’Inferno”, che sfiora i 10 km, attraversa angusti tornanti in salita e discesa attorno al Vallone Tagliente. Nel percorso si possono ammirare i Cognoli di Levante, spettacolare esempio di lava a corda.

Il secondo sentiero è denominato “I Cognoli di Ottaviano”, che consente, una volta arrivati al Largo Prisco, il ritorno nello stesso spiazzo, dopo una sequenza di saliscendi.

Passiamo poi a “La traversata del Monte Somma”, percorso che permette di esplorare il passato del grande vulcano. Si affaccia sul fiume di lava del 1944 e offre panoramiche vedute sul golfo di Napoli e l’attraversamento di gran parte del Monte Somma.

Il quarto sentiero denominato “La Riserva Naturale Tirone-Alto Vesuvio”, è uno dei più agevoli, in quanto quasi interamente in piano ed attraversa un suggestivo bosco. Questo sentiero attraversa il punto universalmente ritenuto con la veduta più spettacolare del Parco. Incrocia quella che si ritiene essere la leggendaria baracca della strega Amelia, personaggio dei fumetti di Walt Disney.

“La salita al cratere del Vesuvio”

Il quinto sentiero, “La salita al cratere del Vesuvio”. E’ il percorso che ascende verso il Gran Cono del Vesuvio, attraversando la Capannuccia e il Rifugio Imbò, prima di ritornare al Piazzale Ercolano, ovvero il punto di partenza. È sicuramente il percorso più frequentato.

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Si arriva al sesto sentiero “La strada Matrone”; il nome del percorso prende quello di due fratelli che tracciarono il sentiero, quasi un secolo fa. La passeggiata sfiora i 7 km, durante i quali è possibile ammirare le bocche laviche apertesi nel 1906.

Il settimo sentiero è “Il vallone della profica” e permette di attraversare la terra in cui nascono i pomodorini a piennolo, tipici del comprensorio vesuviano. Il sentiero termina in una suggestiva pineta.

L’ottavo sentiero è denominato “Lungo il tragitto del trenino a cremagliera”. Il nome del sentiero deriva da una caratteristica della località. Infatti, un tempo l’Eremo del Salvatore era collegato, a valle, con Resina (Ercolano), attraverso un trenino a cremagliera. Oggi questo percorso è possibile ammirarlo grazie a questo sentiero.

Passiamo al nono sentiero, ovvero “Il fiume di lava”. E’ un sentiero breve e agevole, che attraversa un paio di boschetti molto suggestivi, dominati da ginestre e valeriana.

Il penultimo sentiero, denominato “L’Olivella”, permette di percorrere lo stradello dell’Olivella che si inerpica tra le campagne di Sant’Anastasia e conduce alle omonime sorgenti a quota 382 m s.l.m.

Infine, l’ultimo sentiero “La pineta di Terzigno”, è strutturato in un percorso pianeggiante, all’interno di una fitta pineta.

di Elisa De Vito

La ciliegia del Monte e l’Arecca: i frutti made in “Campania” – Foto copertina tratta da www.agricoltura.regione.campania.it

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