Pietrelcina: Tradizione, cultura e fede sulle orme di Padre Pio

Pietrelcina: Tradizione, cultura e fede sulle orme di Padre Pio

Continua il nostro tour tra le località più belle della nostra Campania. Oggi vi portiamo in provincia di Benevento, precisamente a Pietrelcina.

Situata su una colina, sulla destra del fiume Tammaro, dista dal suo capoluogo circa 12 km; paese agricolo di antiche origini, arroccato su uno sperone roccioso, conserva ancora oggi il suo fascino antico.

La storia del nome del paese

La storia del nome, così come anche quella del paesino stessa, ha origine antica; esso deriva da “pietra pucina”, ovvero pietra piccola.

Le prime tracce storiche risalgono al XII secolo, mentre nel periodo successivo numerosi sono stati i feudatari che hanno retto il territorio, come Bartolomeo Camerario, i Caracciolo, i D’Aquino, i Carafa.

Il borgo dedicato a Padre Pio

Meta di numerosi turisti, il borgo è rinomato per la nascita, il 25 maggio 1887, di Francesco Forgione, ovvero Padre Pio da Pietrelcina, battezzato il 26 maggio nella chiesa di S.Anna e proclamato Santo da Papa Giovanni Paolo II il 16 giugno 2002.

La casa natale del Santo si trova nel vico Storto Valle, 27 e non è costituita da un’unica unità abitativa ma da più vani che si affacciano sulla stessa strada.

Pietralcina: Casa Natale di Padre Pio

Sul pavimento della camera da letto è sita una botola che conduceva al magazzino dove riposava l’asino che il padre di Padre Pio usava per andare a lavorare in campagna.

Al numero civico 28 sono siti due altri ambienti: la cucina, con il focolare e l’arredo originario, e la camera da letto di alcuni bambini, diventata successivamente sala da pranzo. Secondo la credenza, in questa stanza Padre Pio fece le sue prime esperienze soprannaturali. Nella camera Padre Pio usava dormire spesso per terra, usando una pietra come cuscino.

Altra casa, meta di pellegrinaggio, è la casa del fratello primogenito di Padre Pio, Michele, dove il santo abitò fra il 1912 e il 1916.

La Chiesa di San Pio a San Giovanni Rotondo (Fg)

Fortemente voluta dai frati Minori Cappuccini, confratelli di padre Pio e dai suoi numerosi devoti, per poter al meglio accogliere le reliquie del santo e per le celebrazioni eucaristiche. L’idea architettonica è frutto del lavoro del famoso architetto Renzo Piano, affiancato da Mons. Crispino Valenziano, che ne cura l’aspetto liturgico.

Successivamente, per aiutare i fedeli a cogliere al meglio gli aspetti salienti del loro essere pellegrini in questo luogo santo, i frati Cappuccini affidano al sacerdote P. Marco Ivan Rupnik, il percorso iconografico. Questo, prima sprona i fedeli a riscoprire il senso della loro vita di battezzati (il cammino dell’uomo nuovo) e a farsi guidare verso Cristo, facendosi aiutare dall’esempio di san Pio e del serafico padre san Francesco. Poi introduce gli stessi nel Mistero di Cristo (La reggia del Re dei Cieli), egregiamente raffigurato in tutta la chiesa Inferiore.

Sulle orme di San Pio

Foto: https://www.conventosantuariopadrepio.it/

La Chiesa Antica di San Pio

La presenza dei Frati Minori Cappuccini a San Giovanni Rotondo risale al 1540, anno in cui, un benefattore del posto (Orazio Antonio Landi) mise a disposizione del nascente ordine dei Cappuccini un piccolo lotto di terra con un pagliericcio. La piccola croce, tutt’oggi presente sul sagrato della Chiesa Antica, testimonia questa presenza fin da quell’anno.

Nella Chiesa Antica, san Pio svolgeva la maggior parte del suo ministero sacerdotale, celebrava l’Eucarestia e amministrava i sacramenti, in particolare quello della confessione; proprio quest’ultimo sacramento diventa la caratteristica principale di tutto l’operato del santo e, per questo, oggi, in questo luogo, a partire dall’anno 2002, è possibile, per che vi si reca come pellegrino, lucrare l’indulgenza plenaria.

All’interno della Chiesa si conserva inoltre l’icona della Madonna delle Grazie, a cui, non solo san Pio, ma tutta la popolazione locale, è particolarmente devota.

Tuttavia, la Chiesa di San Pio o Santuario di San Pio e la Chiesa Antica sono localizzate a San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia, in Puglia.

Pietrelcina: Cosa visitare ?

Il borgo antico

Il cuore del borgo è il “Castello”, il centro fatto di stradine strette, speroni rocciosi, piccole case arricchite da scalinate esterne. Proprio nel centro antico è presente la casa natale di Padre Pio.

Oggi il borgo è meta di pellegrinaggi da ogni parte del mondo. Non ha, però, per questo perso il fascino e la suggestione che caratterizzano i luoghi colmi di fede e spiritualità. Si passeggia nelle stradine del borgo ammirando i tanti luoghi che sono stati centrali nella vita del frate.

Chiesa di Sant’Anna

Edificio sacro sito nel rione “Castiello“, risalente al XIII secolo, ma ricostruito dopo il sisma del 1688. Presenta al suo interno due navate abbellite da un soffitto ligneo a quadrature dipinte e da alcune sculture lignee che si conservano nella navata minore. Sotto l’altare di Sant’Anna sono conservate le reliquie di San Pio Martire. Queste sono state donate dai feudatari Carafa nel 1801, le quali, furono, successivamente, oggetto di devozione da parte di Padre Pio e influirono sulla scelta del nome religioso. In questa chiesa il Santo di Pietrelcina fu battezzato il 26 maggio 1887 (il fonte battesimale è sito a sinistra dell’ingresso), ricevette la Prima Comunione e il 27 settembre 1899, a dodici anni, fu cresimato.

Chiesa di Santa Maria degli Angeli

Distrutta dal terremoto del 5 giugno 1688 e ricostruita a tre navate con pianta a croce greca, diventa sede parrocchiale nel 1843; in essa è venerata la Madonna della Libera, patrona di Pietrelcina. Il portale in bronzo, realizzato nel 2000, è composto da otto formelle in bronzo che raccontano la storia di Pietrelcina e di Padre Pio. Dal 1910 al 1916 qui si svolse il suo ministero pastorale e qui egli celebrò la sua prima messa il 14 agosto 1914.

Convento dei Padri Cappuccini e Museo di Padre Pio

Sito in località “Gregaria” (viale Cappuccini) venne terminato nel 1928 e venne abitato dai frati solo nel 1947. Il convento è sede di un piccolo museo in cui sono conservati alcuni oggetti che hanno qualche legame con San Pio come la tunica con tracce di sangue che era quella usata durante la sua flagellazione settimanale.

Chiesa della Sacra Famiglia

L’architettura della chiesa iniziò nel 1926 e terminò nel 1951 quando fu consacrata dall’arcivescovo di Benevento Mancinelli. Realizzata in stile neoromanico, è a tre navate; la centrale è più ampia rispetto alle altre due ed è sovrastata da una volta a crociera mentre le altre due navate sono coperte da volta a botte. Lungo le navate laterali sono siti diversi altari aventi sculture lignee e mosaici di scuola vaticana.

Cappella di San Francesco a Piana Romana

Altro luogo sacro costruito nel 1958 nella località “Piana Romana“, dove era sita la campagna dei Forgione, è la cappella di San Francesco; in questo posto, il Santo amava raccogliersi in preghiera in una capannuccia di paglia. Nel luogo sacro, ad aula unica, è conservato l’olmo dove ricevette le prime stimmate che descrisse in una lettera indirizzata al suo padre spirituale.

Poco distante dalla cappella si trova un pozzo che fu scavato nel luogo che Padre Pio indicò a suo padre, irritato perché non riusciva a trovare un punto con la presenza di acqua.

Il carciofo di Pietrelcina: una specialità tutta da gustare

Prima di raccontare la storia del carciofo romano, vi riportiamo indietro nel tempo, per conoscere da dove deriva il nome dell’ortaggio; infatti, chiamato in vari, come ad esempio dai greci “Kinara”, dai romani “Cynara”, l’attuale nomenclatura è fatta risalire agli arabi, ovvero alla parola “Kharshuf”.

La coltivazione del carciofo di Benevento viene introdotta intorno al 1840, grazie ad un prefetto originario di Bari; da allora il carciofo è stato sempre coltivato in appezzamenti di terreno non molto ampi, con un procedimento molto antico e praticato tutto rigorosamente grazie al lavoro umano, in tutte le sue fasi, dalla raccolta, passando per il taglio estivo degli steli e per la “scarducciatura“, ossia l’eliminazione dei germogli superflui, che viene fatta prevalentemente in autunno inoltrato e ripetuta in primavera, quando i giovani cardi, appena estirpati vengono deposti sulle infiorescenze immature per preservarle dai raggi del sole che ne altererebbero il colore e ne comprometterebbero l’eccezionale morbidezza.

Proprio per quest’ultimo passaggio, il carciofo di Pietrelcina è apprezzatissimo per la sua tenerezza e per il suo sapore molto delicato, che i pietrelcinesi celebrano in una sagra che si tiene nel maggio di ogni anno; infatti, il periodo in cui nasce questa meravigliosa varietà di carciofo è proprio Aprile-Maggio.

Anche l’operazione di legatura, detta “ammazzamento” segue un antico procedimento tradizionale: si raccolgono in mazzetti ognuno dei quali è composto da quattro mammarelle, cioè capolini centrali, detti anche “cimarole“, legate con dei giunchi, detti “vinchi” in dialetto pietrelcinese, che ancora oggi si raccolgono, come una volta, lungo le sponde del vicino fiume Tammaro.

Gli usi in cucina del carciofo

Oltre ad utilizzarlo nei primi piatti, è molto proposto come secondo piatto o come contorno.

A tal proposito, teniamo a ricordare, che chi visita questa meraviglioso borgo, non può degustare il Carciofo alla “Barbara”, presso l’Agriturismo “Il Monte”, suo piatto caratteristico, situato in C.da Monte, a pochi minuti sia dal centro di Benevento che di Pietrelcina.

Di seguito viene riportata anche la ricetta completa del piatto. Bisogna eliminare le foglie più dure del carciofo e tagliarne il fondo e la punta. A parte si prepara un ripieno con spicchi di aglio e prezzemolo, ai quali si aggiungono mollica di pane e sale. A questo punto occorre aprire il carciofo delicatamente e si iniziano a riempire gli strati delle foglie con il pane fino a far diventare il carciofo come una grossa rosa.

Successivamente, si passa alla cottura del carciofo “alla Barbara”. Si prende un tegame alto, si pone il carciofo all’interno e si versa dell’olio evo, fino al raggiungimento della metà dell’ortaggio. Lo si fa cuocere con coperchio senza mai girarlo a fuoco lento, finché le foglie esterne non diventino morbide. Infine, viene aggiunto giusto un goccio di aceto di vino bianco e viene fatto evaporare alzando a massimo la fiamma per circa 10 minuti.

                                                                                                   https://www.agriturismoilmonte.it/

Di Elisa De Vito

Copertina: www.fotoeweb.com

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