San Felice a Cancello: allo scoperta del borgo casertano

San Felice a Cancello: allo scoperta del borgo casertano

San Felice a Cancello: allo scoperta del borgo casertano – Continua il nostro racconto lungo la splendida Campania, scoprendo insieme molti posti e prodotti tipici; oggi siamo in provincia di Caserta.

Il comune di San Felice a Cancello, sorge a circa 15 km dal capoluogo campano ed occupa una posizione centrale rispetto a tutta la Campania, in quanto dista meno di 50 km da tutti i suoi capoluoghi di provincia. Occupa la sezione meridionale della Valle di Suessola antica città campana di origine osca ed etrusca sita nel comune di Acerra. Il territorio fa parte del Parco regionale del Partenio sul quale si estende per tutta l’estrema propaggine occidentale, la cui cima principale è il monte Sant’Angelo a Palombara.

San Felice a Cancello: la storia

La sua origine risale al IX secolo d.C., epoca in cui si sviluppò un insediamento intorno al santuario che il conte longobardo di Capua, Landone, fece edificare sul monte Sant’Angelo; alcuni resti architettonici di un tempio di epoca Sannita dimostrano che la zona era abitata già in epoca remota. Nei pressi si suppone fosse stanziata la base militare del console Marco Claudio Marcello durante la seconda guerra punica.

I primi insediamenti stabili in epoca più recente risalgono al X secolo d.C. quando si formò un primo nucleo abitato intorno ad una cappella intitolata a San Felice. Dopo essere appartenuta alla contea longobarda di Capua, divenne casale di Arienzo; negli anni successivi, passò sotto vari domini, Pandoni, Reburco, Boffa, Stendardo, Montaldo, fino ai Carafa nel 1791, anno in cui i sei casali che si erano sviluppati nella zona riuscirono ad ottenere l’indipendenza comunale con il nome di “Sei Casali di Arienzo”.

Come nacque il nome di San Felice

Il nome originario fu mutato una prima volta con un decreto nel 1824 in “San Felice”, il quale è restato invariato fino al 1862, anno in cui divenne “San Felice a Cancello”, che riflette il culto del Santo Patrono; la specificazione deriva da un appellativo lucano, che significa “campo recintato con siepi o muri”, “reti speciali usate per cacciare la selvaggina” e indica che il luogo è una zona di caccia.

Nel 1927, con la soppressione della provincia di Terra di Lavoro, passò alla provincia di Napoli, ma l’anno successivo, con la legge che decretava la fusione di comuni limitrofi di piccole dimensioni, San Felice a Cancello perse la sua autonomia con la fusione con Arienzo nel comune di Arienzo-San Felice, fino alla ricostituzione del comune avvenuta nel 1948.

San Felice a Cancello: cosa visitare?

La Chiesa San Felice

Fondata nel 1581 circa, fu restaurata ed ampliata nella forma attuale per ordine di mons. Pozzuoli. La chiesa è a forma latina e a tre navate. L’altare maggiore è di lavorazione finissima in marmo pregiato e di vario colore ed è posizionata una maestosa statua in legno, capolavoro di raffinato scalpello, dell’Immacolata Concezione.

All’interno della chiesa è possibile ammirare anche la bellissima statua di S. Anna a mezzo busto, con Maria bambina, in legno di fine fattura, molto espressiva e ricca di movimenti nelle vesti, la statua di S. Antonio, la tela della Vergine Addolorata, la statua lignea di S. Maria Apparete risalente 1400, il grande Crocifisso in legno posto all’entrata ed il pulpito in marmo pregiato con stemma del Comune.

Chiesa di San Felice a Cancello

Foto: http://www.proloco.net/

Chiesa dei Padri Barnabiti

Di grande importanza storica è il monastero dei Padri Verginiani Guglielmini, fondato da S. Guglielmo da Vercelli, contornato da un bellissimo chiostro. La chiesa attuale, ricostruita sulle rovine dell’antica, è di costruzione moderna, a forme di crociera greca a volta, a tre navate e adorna di eleganti stucchi; l’altare maggiore è di marmi pregiati e di ignoto autore. Dal settembre del 1854 tutto l’edificio appartiene ai Padri Barnabiti.

Fontana di S. Marzano

Luogo conosciuto fin dall’antichità per l’esistenza di una Corte, denominata Corte Vetere; la fontana si trova in un insediamento e lungo una strada che, partendo da Cave, sale per S. Marzano, per poi terminare a Roccarainola. Questo sentiero fu percorso da Claudio Marcello quando andò in soccorso dei nolani contro Annibale, la cui presenza, sin dai tempi romani, è testimoniata da una fonte di acqua e da reperti archeologici trovati.

Foto: http://www.cancelloedarnonenews.it/

Il santuario di S. Angelo a Palombara

Sul monte di S. Angelo a Palombara, su uno spuntone di roccia, sorge un eremo con unica chiesa dedicata a S. Michele Arcangelo, costruito da Landone nell’anno 862 a ricordo di una vittoria su Sergio I di Napoli. È tutt’oggi di un gran numero di fedeli che vi accorre per partecipare alla S. Messa festiva, venerare S. Michele e sciogliere i voti.

I molti ruderi di antiche abitazioni e le tombe saccheggiate che si osservano sulla cima del colle, la fonte di acqua perenne e la necessità di un luogo sacro per l’amministrazione dei sacramenti, sono elementi certi dell’esistenza della chiesa di S. Michele Arcangelo già quando il popolo di Suessola si rifugiò sul monte S. Angelo. In alcune celle, si possono ammirare gli affreschi di S. Caterina di Alessandria e quello raffigurante l’Annunciazione. La chiesa è a due navate e si conservano due statue in legno, una di S. Michele e l’altra della Madonna della Libera.

Foto: https://it.wikipedia.org/

Castello di Matinale

Denominato anche castello di Rudovaco, sorge su un’elevazione che domina l’entrata della valle di Suessola. La costruzione è attribuita a Tommaso II d’Aquino, conte di Acerra, in occasione delle sue nozze con Margherita di Svevia, avvenute prima del 1247. Secondo la tradizione locale, un’originaria fortificazione longobarda del IX secolo è stata opera di Rudovaco ed è passata alla sua morte al conte di Acerra, Cullezio, il quale, ha voluto unire con un percorso sotterraneo il proprio castello di Acerra a quello di Cancello, provocando la rovina del lato occidentale.

Il castello, poi, è stato restaurato o ricostruito dal normanno Ramperto e dai conti Mattaloni nel XII secolo. Il castello ospitò i re di Sicilia Guglielmo il Malo e Manfredi di Svevia, i duchi di Rebursa, il re Ladislao I e i Carafa. Nel XV secolo era abbandonato, avendo perduto la propria funzione militar e divenne sede di un’osteria e ospitò probabilmente una chiesa arcipretale dedicata a San Tommaso apostolo. Nel 1799 il generale francese Jean Étienne Championnet vi stabilì il proprio quartier generale e in seguito divenne covo di briganti. Fu donato agli inizi del Novecento dalla famiglia D’Aquin.

La struttura architettonica del castello

Il castello si presenta con una pianta quadrata con torri angolari quadrate e una quinta torre sul lato nord-ovest a protezione di una postierla e quella più alta misura 20 m di altezza. Nelle torri e sulle mura si aprono delle finestre strombate. Le strutture sono in muratura incerta, con angoli in blocchi bugnati, con larghi bordi lisci, oltre i 7 m di altezza.

Il portale di accesso principale si apre sul lato sud-ovest, presso una delle torri, e presenta un doppio archivolto in blocchi di calcare bianco, con il canale di scorrimento per la saracinesca di chiusura, e una mostra esterna a bugnato liscio con profilo superiore a punta di lancia. All’interno, anticamente, si articolava in quattro ali a due piani intorno ad un cortile, con ambienti dalle varie coperture, mentre, oggi, si conserva solo l’ala sud-orientale.

San Felice: Terra di nocciole

Uno dei prodotti tipici che è possibile trovare in questo territorio è la nocciola; tra le diverse cultivar di Corylus avellana, esistenti in quest’area, una tipica varietà locale è detta Riccia di Talanico, la quale deriva da Talanico, una piccola ed isolata frazione del comune di San Felice a Cancello.

Le caratteristiche de “La Riccia”, sono molto particolari; ha un guscio particolarmente sottile, una forma pressappoco allargata ed allungata, quasi sferoidale, un colorito chiaro e un seme medio piccolo, con buona resa alla sgusciatura.

San Felice a Cancello Nocciola RIccia di Talanico

Foto: https://www.casertanews.it/

La raccolta dei frutti inizia solitamente dalla metà del mese di agosto; successivamente, quando le nocciole giungono a completa maturazione si staccano dalla pianta e cadono sul terreno. La raccolta può essere fatta manualmente o meccanicamente, eseguendola attraverso macchine aspiratrici in grado di separare i frutti dal fogliame e dai rametti.

Successivamente, si passa all’essiccazione, le nocciole vengono portate ad un’umidità del 5-7% ed infine depositate in luoghi umidi, freschi e ventilati, ovvero nei cosiddetti “soppigni”, le tipiche soffitte aperte lateralmente o in appositi essiccatoi, rigirandole man mano in modo che l’essiccazione sia uniforme.

Nocciole ricce di Talanico

Le “Ricce” di Talanico sono idonee alla tostatura, alla pelatura e sono particolarmente adatte alla trasformazione industriale, nonché, come materia prima per la preparazione di specialità dolciarie come la Nutella.

Al fine di tutelare i prodotti tipici del territorio ed, in questo caso, della Riccia di Talanico, essi devono essere tutelati e valorizzati. A tal proposito, tutta la comunità di Talanico, da 8 anni celebra l’eccellenza di questa varietà di nocciola, organizzando la sagra della Nocciola di Talanico.

Durante questa sagra è possibile degustare varie prelibatezze preparate con questo frutto, tra cui gnocchi alla nocciola, alette di pollo gratinate alla nocciola, porchetta gratinata alla nocciola, preparati, ogni anno, dallo chef del Ristorante Parco delle Rose.

di Elisa De Vito

Foto Copertina https://www.interno.gov.it/it/

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