Procida: la capitale della cultura 2022 tra turismo e gastronomia

Procida: la capitale della cultura 2022 tra turismo e gastronomia

Procida: la capitale della cultura 2022 tra turismo e gastronomia – Proseguono i nostri approfondimenti su Procida, capitale italiana della cultura 2022. Dopo l’intervista all’assessore al turismo dell’isola Leonardo Costagliola, oggi andiamo alla scoperta di questo luogo magico. Situata nel golfo di Napoli, il territorio comunale comprende interamente le isole di Procida e Vivara, appartenenti al gruppo delle isole Flegree. L’isola, ha una superficie di 3,7 km². Il rilievo più elevato è rappresentato dalla collina di Terra Murata.

Le sue coste, in alcune zone basse e sabbiose, altrove a picco sul mare, danno vita a varie baie e promontori che hanno permesso la nascita di tre porticcioli sui versanti settentrionale, orientale e meridionale dell’isola.

Tradizionalmente, il centro abitato viene diviso in nove contrade, dette grancìe. Terra Murata, ovvero il borgo più antico; Corricella, un caratteristico borgo di pescatori Sent’cò. I porti commerciali di Marina Grande, San Leonardo, Santissima Annunziata, anche detta Madonna della Libera, Sant’Antuono, Sant’Antonio. Chiaiolella, un porto turistico nella parte meridionale dell’isola.

Procida: come si è formata l’isola?

Dal punto di vista geologico, l’isola è di origine vulcanica, nata dalle eruzioni di almeno quattro diversi vulcani, oggi completamente spenti e in gran parte sommersi. È formata principalmente da tufo giallo e da tufo grigio, con tracce di altri materiali vulcanici, come basalti. Anticamente era collegata da una stretta falesia alla vicina isola di Vivara e al Monte di Procida in terraferma e all’isola d’Ischia.

Procida: l’origine del nome

L’attuale nome dell’isola deriva da quello di epoca romana Prochyta. Secondo una prima ipotesi questo nome deriva da Prima Cyme (prossima a Cuma), come doveva apparire l’isola ai coloni greci nella migrazione dall’isola d’Ischia a Cuma.

Stando ad altre ipotesi, il nome deriva dal greco pròkeitai (giace), in considerazione di come appare l’isola, vista dal mare o dal verbo greco prochyo (in latino profundo), in quanto l’isola sarebbe stata profusa, messa fuori, sollevata dal fondo del mare o dalle profondità della Terra. Per Dionigi di Alicarnasso, nel suo Archeologia Romana, deriva da quello di una nutrice di Enea, da lui qui sepolta quando vi approdò.

Procida: la storia dell’isola

Le prime notizie sull’isola risalgono all’VIII secolo a.C. quando, i coloni Calcidesi, provenienti dall’isola di Eubea, vi approdarono. I Romani, invece, si trasferirono sulla terraferma e vedevano il territorio come sito di villeggiatura.

Durante l’alto medioevo, l’isola fu frequentemente battuta dai pirati saraceni che razziarono gli abitanti. Tra le varie incursioni, ricordiamo quella dei corsari musulmani capitanati da Barabarossa. Ed è proprio una delle tante incursioni saracene, legata alla leggenda di San Michele Arcangelo, divenuto poi patrono dell’isola.

Dopo le incursioni saracene, le coste dell’isola si riempirono di torri di guardia e le tipiche case rurali sparse nell’entroterra isolano e quelle costiere dei pescatori vennero abbandonate. Tutti si trasferirono nel promontorio della Terra Murata che costituiva l’unico punto difendibile dell’isola. È proprio qui che i procidani ricavarono nel tufo le loro abitazioni, innalzarono argini e scavarono fossati, facendo mutare anche l’economia, che da marittima si trasformò in rurale.

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Foto di Dylan Bertolini Fotografo

Procida: le principali attrazioni

Chiesa di San Leonardo

Edificio religioso situato in via Vittorio Emanuele, la chiesa di San Leonardo, ha una storia molto antica. Infatti, prima del 1600, nell’isola di Procida fu eretta una piccola cappella dedicata a San Leonardo, dimessa poi agli inizi del XVIII secolo. La parte inferiore divenne un magazzino, mentre la parte sovrastante fu utilizzata quale sacrestia dell’iniziale chiesa, sopraelevata rispetto al livello stradale.

Dopo lunghe vicissitudini, nel 1742, la chiesa di San Leonardo divenne grancia o chiesa succursale dell’abbazia. E, successivamente, fu trasformata in una chiesa a croce latina con un presbiterio articolato su un’abside centrale coperta a semicupola e due laterali di minori dimensioni ma con le stesse caratteristiche.

Nel 1800, in seguito all’epidemia di colera la chiesa assunse l’attuale pianta a croce latina, l’innesto dell’elegante cupola ogivale, la decorazione dell’interno e la realizzazione della nuova sacrestia. Solo nel 1882 fu realizzato dal collettore don Antonio Massa, in marmo di Carrara, l’altare maggiore e la balaustra. Invece nel 1886 fu rifatta la facciata, decorata ai lati da lesene corinzie sormontate da un frontone triangolare. Al 1889 risale il campanile in tufo a vista e a pianta ottagonale, articolato sulla sacrestia e solo molti anni dopo fu aggiunta la cappella della Madonna del Rosario o di Pompei.

Nel 1925 la chiesa di San Leonardo divenne parrocchia ed intorno al 1940, subì un nuovo ampliamento con la costruzione di una cappella dedicata al culto della Madonna di Pompei.

Gli interni della Chiesa

All’interno della cappella si trova il fonte battesimale, ovvero una vasca marmorea risalente al XVI secolo. Sull’altare maggiore è posta una statua lignea di San Leonardo, accanto alla quale sono deposti i simboli dell’antica protezione. Ovvero un veliero, una torre e un fanciullo di colore (lo “schiavetto”) con le catene spezzate. Sul maniglione della catena di argento è impresso un nome e una data (1850), che indica l’ultima liberazione di un procidano.

A sinistra della statua di San Leonardo, troviamo l’abside dedicato al Cuore di Gesù. Mentre a destra, l’abside del Cuore di Maria. Sul lato destro, poi, lungo il corridoio, dopo la cappella della Madonna del Rosario o di Pompei, è possibile ammirare altri due santi della tradizione napoletana: Alfonso Maria de’ Liguori e San Ciro. In basso, c’è la statua di San Tarcisio, il fanciullo martire. Subito dopo è collocata la statua di Santa Rita da Cascia.

Sul lato destro, accanto alla porta d’ingresso, in alto, è possibile osservare l’immagine del beato Bartolo Longo. Il quale fece erigere nella valle di Pompei, nel 1876, una nuova chiesa dedicata alla Madonna del Rosario, divenuta poi santuario di Pompei. Lungo il corridoio del lato sinistro, accanto al pulpito in marmo policromo, è situata la statua di santa Maria Francesca delle cinque piaghe. La santa dei Quartieri Spagnoli di Napoli.

Accanto troviamo San Giuda Taddeo apostolo, nella cui nicchia, in una piccola teca, sono custodite le ossa di san Teodoro martire. A fianco, c’è la statua dell’Addolorata. Infine, l’ultima nicchia è quella di San Gioacchino e la Madonna bambina.  Dal 1966 la sede della “Confraternita dell’Addolorata” è la chiesa di San Leonardo.

Terra Murata

Punto più alto dell’isola, Terra Murata è il bellissimo centro storico e culturale di Procida, a picco sul mare. Raggiungibile solo attraverso una salita dalla quale è possibile ammirare un panorama mozzafiato su tutto il golfo di Napoli. A rendere particolare questo luogo, sono le fortificazioni medievali ed i due cannoni a lunga gittata risalenti alla Repubblica napoletana del 1799.

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Foto di Dylan Bertolini Fotografo

Una volta arrivati in cima è possibile visitare il Palazzo d’Avalos, ora detto Palazzo Reale, l’Abbazia di San Michele, dove sono conservate numerose opere d’arte tra cui un dipinto raffigurante San Michele che sconfigge Satana. Ed, infine, è possibile fare anche un tour dei sotterranei in cui c’è un antico luogo di sepoltura.

In Via del Borgo è possibile ammirare un’abitazione tipica scavata nel tufo e sviluppata su tre livelli, con scale esterne per accedere ai piani superiori.

Spiaggia della Chiaiolella

Per chi ama il mare, è impossibile non recarsi, almeno una volta sulla spiaggia della Chiaiolella. Compresa tra Punta Serra e il promontorio di Santa Margherita Vecchia. Il vero nome è Ciracciello ed è il litorale più lungo e frequentato dell’isola. La costa è caratterizzata da fondali bassi e dalla presenza di aree rocciose e altre ricoperte da una rigogliosa macchia mediterranea.

Foto: www.trovaspiagge.it

La Spiaggia della Chiaiolella è delimitata da quella più grande di Ciraccio da due caratteristici faraglioni tufacei, formatisi in conseguenza ad una frana del costone roccioso che in origine separava le due spiagge. Inoltre, da qui è possibile godere di un panorama unico sull’Isolotto di Vivara, riserva naturale, e sulla vicinissima isola d’Ischia. Alle spalle della spiaggia c’è anche una romantica darsena su cui affacciano numerose strutture turistiche, bar e ristoranti.

Spiaggia del Pozzo Vecchio

Fra le spiagge dell’isola, una delle più belle è quella del Pozzo Vecchio, sul versante occidentale dell’isola, chiamata anche la Spiaggia del Postino, in quanto, è proprio qui che fu girata una delle scene più intese del celebre film del 1994 (quella in cui Mario, interpretato da Massimo Troisi e a Beatrice, ovvero Mariagrazia Cucinotta, si incontrano e si innamorano per la prima volta).

Scendendo per la strada che costeggia il cimitero, caratterizzato da una serie di costruzioni e cupole che richiamano l’architettura tipica isolana, si raggiunge la piccola e accogliente baia a forma di ferro di cavallo. La sabbia ha un colore scuro, che ne ricorda l’origine vulcanica.

Spiaggia della Chiaia

È la spiaggia più centrale dell’isola, ma anche la più “isolata”. E’ raggiungibile solo in due modi, via mare o a piedi, attraverso una discesa di 186 scalini situati in un vicolo che parte da piazza Olmo o prendendo Via dei Bagni da Piazza San Giacomo ed imboccando una discesa corredata da scalini.

Spiaggia della Chiaia – Foto: www.ecampania.it

Sul lato destro è possibile ammirare il costone di roccia su cui sorgono alcune case dall’architettura tipica isolana, mentre dall’altro lato c’è il porticciolo della Corricella, un piccolo presepe marinaro fatto di casine colorate incastonate tra la roccia e l’altura su cui sorge Terra Murata.

Marina Grande

È l’unico porto commerciale dell’isola. Appena si sbarca dal traghetto, di fronte, è possibile ammirare il Palazzo Montefusco, risalente al XII sec., detto della “Catena” perché, anticamente, il vialetto posteriore che portava al palazzo era sbarrato ai passanti da una catena. È detto anche “Merlato” per la merlatura sovrastante l’intero palazzo. A destra della banchina denominata “sotto le grotte”, per le numerose grotte scavate nel tufo, c’è l’omonima spiaggia separata, attraverso una scogliera, da quella detta “Si Lurenza”. Sulla sinistra, percorrendo Via Roma, giungiamo nella piazza Sent’cò (Sancio Cattolico), dove sorge la chiesa di S. Maria della Pietà.

Proseguendo lungo la banchina si arriva al “civico 10”, dove c’era l’albergo della Vittoria, che ospitò Alfhonse de Lamartine, autore del romanzo Graziella, l’eroina, figlia di pescatori, immagine tipica della bellezza procidana. Proprio a tal proposito, l’isola di Procida, oltre ad essere soprannominata l’isola del Postino o di Arturo, è anche detta l’isola di Graziella.

Proseguendo la nostra passeggiata, superato il cancello d’ingresso della scuola “Caracciolo”, che, con i suoi 168 anni di storia, è il più antico istituto nautico d’Europa, si arriva alla spiaggia della Lingua, cosiddetta per la punta di natura vulcanica rivolta verso Nord ove è posta una croce ferrea, che ricorda l’affondamento dei velieri barbari.

Foto di Dylan Bertolini Fotografo

Il carciofo di Procida: un’eccellenza culinaria tutta campana

Sull’isola di Procida si coltiva un carciofo del tipo romanesco. Ci sono due tipologie di varietà. La prima di grosse dimensioni e di forma globosa, verde chiaro con venature violacee; la seconda caratterizzata da dimensioni inferiori e di colore più tendente al viola.

Oltre che fresco, il carciofo di Procida viene commercializzato anche confezionato artigianalmente sott’olio secondo un’antica ricetta. I carciofi sono puliti, sbollentati in acqua, aceto di vino bianco e sale e conservati in vasetti di vetro con aggiunta di olio extravergine di oliva, aglio, origano e peperoncino piccante. Dopo averli lasciati stagionare 2 mesi, i carciofi sott’olio sono pronti per essere consumati e si possono conservare per oltre 6 mesi.

Al carciofo, l’isola di Procida dedica una sagra annuale nel mese di aprile, che si svolge a Marina Chiaiolella, area in cui la coltivazione è particolarmente diffusa negli antichi orti chiamati “parule”.

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Foto: www.agricoltura.regione.campania.it

I paccheri alla procidana: un primo piatto a base di carciofi

I paccheri con carciofi alla procidana sono un primo piatto facile da preparare e dal gusto deciso: gli ingredienti principali sono le acciughe, i capperi, le olive nere e, ovviamente, i carciofi di Procida.

Il procedimento è molto semplice. Basta pulire i carciofi e tagliarli a spicchi; successivamente, vengono sbollentati per qualche minuto. Nel frattempo, in una padella si soffrigge aglio e peperoncino in olio extra vergine di oliva, per poi aggiungere qualche filetto di acciuga, capperi e olive nere. A questo punto, vengono aggiunti i carciofi. Infine, i paccheri, dopo averli scolati, sono uniti al condimento, aggiungendo prezzemolo, pecorino grattugiato e granella di pane tostata.

 

di Elisa De Vito

 

Foto copertina di Dylan Bertolini Fotografo

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